TAX ALERT 2021/05
03-06-2021
La Corte di Cassazione fa il punto sul principio di affidamento in materia tributaria
Con le sentenze nn. 12372 dell’11 maggio 2021 e 12453 del 12 maggio 2021, la Suprema Corte di Cassazione ha espresso importanti principi in tema di legittimo affidamento nei rapporti tra contribuente e Amministrazione finanziaria.
Nell’ordinamento italiano il principio del legittimo affidamento è sancito dall’art. 10 della L. n. 212/2000, secondo cui i rapporti tra contribuente ed amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede. Tale regola caratterizza l’ordinamento tributario ed impone ad entrambe le parti un dovere di correttezza reciproca. In particolare, l’Amministrazione è tenuta ad operare secondo i principi di efficienza, imparzialità e non contraddizione, mentre il contribuente è tenuto ad evitare comportamenti connotati da "abuso" di diritti e tesi a eludere una giusta pretesa tributaria.
Secondo la Suprema Corte, il legittimo affidamento non opera limitatamente a un numero predefinito di situazioni, ed in particolare non opera solo con riguardo alla disapplicazione delle sanzioni, ma tutela il contribuente in ogni rapporto con l’amministrazione in presenza di: a) un precedente comportamento legittimamente adottato dall'Amministrazione finanziaria, in senso favorevole al contribuente, in relazione ad una situazione analoga, unitamente a b) una condotta del contribuente improntata a buona fede, in assenza di qualsiasi violazione del dovere di correttezza gravante sul medesimo.
Il caso analizzato ha ad oggetto la sottoscrizione di un verbale di contradditorio tra il contribuente e l’Amministrazione finanziaria, relativo a diverse annualità (2003-2007), in vista della successiva emissione dei relativi atti di accertamento con adesione ai sensi del D.Lgs. n. 218/1997. Nel verbale di contraddittorio, le parti avevano definito i criteri di rideterminazione del reddito per i periodi d’imposta dal 2003 al 2007, con conseguente riduzione della pretesa impositiva a carico del contribuente e, in base a tali criteri, le parti avevano sottoscritto gli atti di adesione per gli anni 2003 e 2004, cui era seguito il regolare pagamento degli importi dovuti da parte del contribuente. Successivamente, tuttavia, l’Agenzia delle Entrate tornava sui propri passi ed emanava per gli anni dal 2005 al 2007 avvisi di accertamento in base a criteri diversi rispetto a quelli indicati nel verbale di contraddittorio, con i quali veniva richiesto un maggior importo rispetto a quello risultante dal verbale di contraddittorio.
La Cassazione ha affermato che anche in tale ipotesi opera il principio del legittimo affidamento. In particolare, l’Agenzia delle Entrate viola i doveri di correttezza e buona fede qualora, senza motivazione e per gli stessi anni oggetto di accordo, emani avvisi di accertamento in base a criteri differenti e peggiorativi rispetto a quanto già concordato con il contribuente nel contesto di un verbale di contraddittorio. Pertanto, a fronte di tale violazione, la pretesa contenuta negli avvisi di accertamento deve essere ridotta e rideterminata sulla base dei criteri già condivisi con il contribuente.